Pinuccio Fazio: Il Dolore Che Si Fa Impegno, La Memoria Che Diventa Futuro
Abbiamo avuto l’onore di accogliere Pinuccio Fazio, un padre che ha trasformato il dolore più grande in una battaglia di giustizia e di speranza. Un uomo che ha perso un figlio in modo assurdo, crudele, ingiusto. Michele Fazio aveva solo 16 anni quando, nel 2001, fu colpito da un proiettile vagante in una faida di mafia. Era un ragazzo come i nostri studenti, con sogni, passioni, un futuro davanti a sé. Ma quel futuro gli è stato strappato via in un attimo, senza un motivo, senza un perché.
Il Coraggio di Non Voltarsi Dall'Altra Parte
Di fronte a un dolore così grande, chiunque avrebbe il diritto di chiudersi nel proprio silenzio. E invece Pinuccio ha scelto di parlare, raccontare, denunciare, affinché nessun altro ragazzo, nessun’altra famiglia, debba subire quello che lui ha vissuto. Con voce ferma, ma colma di emozione, ha parlato ai nostri studenti, guardandoli negli occhi, cercando di far comprendere loro che la mafia non è solo nei grandi racconti di cronaca, ma può insinuarsi ovunque, nelle piccole scelte di ogni giorno, nella paura di schierarsi, nel silenzio di chi finge di non vedere.
E mentre parlava, nella sala si poteva sentire solo il suo respiro e il battito accelerato dei cuori di chi ascoltava. I ragazzi erano rapiti, toccati nel profondo. Non c’era bisogno di spiegazioni complesse: il dolore di un padre, l’ingiustizia di una morte, l’urgenza di dire basta erano chiari, tangibili, quasi palpabili nell’aria.
Un Momento di Forte Commozione
Ma il momento più intenso è arrivato quando Pinuccio ha preso il telefono e ha chiamato Lella, sua moglie, la mamma di Michele. Una telefonata che ha trasformato l’aula in un luogo sacro di memoria e condivisione.
Dall’altro capo del telefono, la sua voce tremava di emozione mentre ringraziava gli studenti per l’attenzione e il rispetto con cui stavano accogliendo la storia di suo figlio. Ha parlato come una madre che, nonostante il dolore mai sopito, trova la forza di credere ancora nei giovani, nella possibilità di cambiare, nel dovere di non dimenticare.
Le sue parole hanno scosso tutti. In quel momento, Michele era lì con noi, nei cuori di chi
ascoltava in silenzio, con gli occhi lucidi e il fiato sospeso. Non c’era bisogno di aggiungere altro.
Era chiaro che questo non era solo un incontro, ma un’eredità, un testimone da raccogliere e portare avanti.
La Legalità Non È Solo una Parola
Non è stata una semplice lezione di educazione civica, ma un abbraccio collettivo, un grido silenzioso di ribellione contro l’indifferenza. Un appello a non chiudere gli occhi, a non abbassare la testa, a non lasciare che la paura decida per noi.
La legalità non è un concetto astratto, ma una scelta quotidiana. È scegliere di denunciare
un’ingiustizia, di non ridere davanti a una prepotenza, di non voltarsi dall’altra parte quando la violenza si insinua nelle nostre vite. È scegliere di ricordare Michele, e con lui tutte le vittime innocenti della criminalità, non con la rassegnazione, ma con l’azione.
Un Impegno Che Continua
Pinuccio e Lella Fazio ci hanno lasciato molto più di una testimonianza: ci hanno consegnato una responsabilità. Ci hanno ricordato che la memoria non serve se rimane chiusa in una stanza: la memoria deve camminare, deve farsi voce, deve trasformarsi in cambiamento.
E noi, dopo il 28 febbraio, usciamo da questo incontro diversi. Più consapevoli, più uniti, più determinati a costruire un mondo in cui nessun Michele debba più morire per la violenza di altri. Perché la sua storia non sia solo un ricordo doloroso, ma una spinta a rendere la giustizia una realtà, ogni giorno, nelle nostre scelte.
Grazie, Pinuccio. Grazie, Lella. Grazie per averci donato la vostra voce, il vostro coraggio, il vostro cuore. Il nome di Michele continuerà a vivere in ognuno di noi.